Posto questo film perchè sono convinta (ma non solo io) che se si dimentica la storia di qualsiasi cosa, questa cosa stessa si estinguerà oppure diverrà qualcosa che non ha niente a che fare con "l'oggetto" originario; la storia del cinema è veramente breve, (poco più di 100 anni!), però già si vedono dei prodotti cinematografici che non hanno nulla a che fare con il cinema, o peggio, ripetono cose già fatte ma sconosciute ai più (e con tutto il denaro che investono potrebbero fare qualcosa di innovativo!).
Boh, forse sarà noioso, però Chaplin è uno di quei geni che la nostra era ne è purtroppo sprovvista...(se vi andasse di vederlo c'è ovunque, ho postato solo l'inizio, si trova su youtube, megavideo, etc.)
Il monello (the Kid, 1921), regia e soggetto di
Charlie Chaplin, bianco e nero, muto)
Questo film è il primo lungometraggio di Chaplin (81 min., 6 bobine), prodotto dalla
First National all’interno di un contratto di un milione di dollari stipulato dall’artista con la casa produttrice appena citata. Tuttavia, già nel 1919 Chaplin e i colleghi
Pickford, Fairbanks e Griffith avevano fondato una casa produttrice indipendente, la
United Artists, a riprova del fatto che all’inizio degli anni venti il
genere comico era entrato di diritto nel “sistema dei generi cinematografici” ed aveva assunto una sua dignità.
Fino a questo momento i cortometraggi comici erano costituiti da 2 bobine, la trama del racconto era inesistente, i collegamenti erano garantiti dalla successione di
gag soprattutto fisiche (il modello era quello della slapstick comedy, che forniva una comicità fatta di cadute, torte in faccia, sberle con il risultato di operare una rilettura grottesca e stravolta della società).
“Il monello” rappresenta un superamento della separazione dei generi cinematografici in quanto Chaplin riesce ad operare una
contaminazione, una fusione
tra comico e melodramma di griffithiana e dickensiana memoria in un nuovo genere che valorizza, ed al contempo supera le differenze tra i generi stessi. È con questo film che il geniale cineasta inaugura quel filone di lungometraggi che si dipanerà lungo tutti gli anni venti e che sarà caratterizzato dalla lettura in chiave satirica della società contemporanea americana; lo sguardo critico di Chaplin per esprimersi adotterà lo strumento del sarcasmo.
Il soggetto, di cui è autore lo stesso regista, è la storia di un vagabondo (Charlot) che suo malgrado sarà costretto a farsi carico di un neonato orfano con il quale trascorrerà, tra varie traversie e vicissitudini, cinque anni di vita assieme, per poi vedersi sottrarre il piccolo dalle istituzioni caritative al fine di restituirlo alla legittima madre che in un momento di disperazione lo aveva abbandonato; madre che in ultimo inviterà Charlot ad unirsi a lei e al figlio.
Per la prima volta nella storia del cinema le strutture del melodramma vittoriano si intrecciano, quasi si fondono con quelle del cinema comico; il risultato è un film che, utilizzando il filtro comico, riesce ad operare una denuncia della società è quindi della politica americana, che fino a quel momento aveva usato il genere cinematografico melodrammatico per rappresentare i valori su cui si fondava, e cioè la carità, le istituzioni sociali e il falso interclassismo.
“Il monello” descrive quindi un dramma sociale principalmente attraverso il personaggio del vagabondo Charlot, così diverso sia fisicamente che moralmente dallo stereotipato protagonista del melodramma. L’incontro tra Charlot e il monello avviene tra i rifiuti, luogo simbolo di quella emarginazione di cui entrambi sono vittime, vittime di certi meccanismi sociali che prima li avvicinano e poi li separano. Il riscatto sociale in fondo è solo un’utopia, nonostante il lieto fine che però nel film, forse volontariamente, non viene rappresentato perché l’opera termina prima.
L’analisi
stilistica rivela un film decisamente più complesso dei precedenti cortometraggi diretti da Chaplin, con delle gag che sono state inserite in un racconto articolato che le giustifica e legittima tutte; quello che appare ai nostri occhi, ma soprattutto alle nostre menti, è «un intreccio indissolubile di humour e tragedia»1
Un esempio di questo procedere per gag, collegate in maniera solida ed intelligente tra loro fino a farsi racconto, è il momento tragicomico del ritrovamento del neonato e dei tentativi goffi e mal riusciti di Charlot di disfarsene.
Un altro strumento utilizzato da Chaplin per costruire un racconto attraverso il suo linguaggio comico è quello dell’utilizzo consapevole del decoupage (il montaggio) e del continuity system, in via di affermazione in questo periodo nella produzione statunitense.
1. Carluccio, Giulia, “Il cinema americano degli anno venti”, in Berretto, Paolo, (a cura di),
Introduzione alla storia del cinema – Autori, film, corrente ,Torino, UTET Libreria, 2002, p.89.
Bibliografia
Bertetto, Poalo,
Introduzione alla storia del cinema - Autori, film, correnti, Torino, UTET Libreria, 2002.